Ricerca. Verso una enologia di precisione, un nuovo studio getta una nuova luce sul destino della anidride solforosa nei vini
Sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports i risultati di uno studio condotto da un team di ricercatori della Fondazione Edmund Mach, Università di Trento con il Dipartimento di Fisica e Centro Agricoltura Alimenti Ambiente, che permette di comprendere l’importanza di alcune reazioni chimiche di solfonazione che avvengono nei vini, e che coinvolgono il principale conservante, l’anidride solforosa.
L'aggiunta di solforosa ai mosti ed ai vini è pratica comune ed indispensabile per tutti gli enologi, principalmente per proteggere i vini dall’ossigeno e dai microorganismi durante tutte le fasi della produzione ed affinamento. Allo stesso tempo, solforosa e solfiti sono allergenici e per questo motivo il loro uso è controllato da limiti legali, riportato in etichetta, ed una loro limitazione desiderabile.
Lo studio pubblicato su Scientific Reports dimostra che l’impatto della anidride solforosa sulla qualità dei vini è molto più profondo di quello che si pensava fino oggi. La solforosa infatti reagisce con numerosi composti dei vini, con un impatto sulla qualità. Nei vini rossi, si produce una lenta reazione di solfonazione dei tannini, dai quali dipende il corpo, la struttura e la sensazione dell’astringenza o/e morbidezza dei vini rossi. La concentrazione dei prodotti di questa reazione aumenta con l’invecchiamento e potrebbe aiutarci a capire uno dei meccanismi attraverso il quale importanti vini rossi con il tempo migliorano le loro caratteristiche organolettiche. Infatti, è stato scoperto che i prodotti di questa reazione sono componenti importanti di vari famosi vini rossi italiani ed internazionali invecchiati (per esempio Amarone, Brunello di Montalcino, Sagrantino di Montefalco e Tannat).
Diversamente, nel caso dei vini bianchi e spumanti la reazione di solfonazione coinvolge diversi metaboliti indolici derivati dall’amminoacido triptofano. Questa reazione è particolarmente veloce, una evidenza che sembra essere direttamente correlata con i fenomeni che causano il veloce e precoce invecchiamento di questa tipologia di vini.
Oggi, le raccomandazioni per le minime dosi di solforosa necessarie ad assicurare una corretta conservazione sono largamente basate sulle conoscenze empiriche. Gli autori spiegano che l'importanza di questo studio riveste diversi aspetti, ed in particolare quelli che riguardano i fondamenti della chimica enologica: la scoperta e la comprensione di importanti nuove reazioni chimiche indotte dalla presenza dell’anidride solforosa, infatti, può finalmente dare una spiegazione della significativa anche se parziale scomparsa di questo additivo nel vino. La scoperta implica, però, anche diversi aspetti applicativi dell’enologia in quanto alcune delle reazioni evidenziate possono contribuire a spiegare alcune modifiche della qualità dei vini. Non va neppure certamente trascurato il fatto che una migliore conoscenza della reattività di questi composti che sottraggono la solforosa, dovrebbe permettere a calibrare al meglio il contenuto di anidride solforosa nei vini, tenendo conto della diversa capacità di ciascun vino di consumarla.
In particolare i ricercatori con il presente studio, hanno validato un nuovo metodo quantitativo per misurare, su un campione di circa 200 vini in commercio, una serie di derivati solfonati dei composti del vino che sono stati recentemente scoperti dallo stesso team di ricerca.
In questo modo, sono stati approfonditi alcuni aspetti finora sconosciuti delle reazioni nei vini dell'anidride solforosa, il principale conservante usato in enologia, come anche per moltissimi alimenti. Una migliore comprensione di queste reazioni, di cui ora si è rivelata appieno l’importanza, potrebbe condurre verso una enologia di precisione.
Scientific Reports
“The impact of SO2 on wine flavanols and indoles in relation to wine style and age”
Panagiotis Arapitsas, Graziano Guella & Fulvio Mattivi
www.nature.com/articles/s41598-018-19185-5
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