IL VINO DEL FUTURO? "SOSTENIBILE", APERTO ALLE INNOVAZIONI, LEGATO AL TERRITORIO, ALLA SUA CULTURA E ALE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE
I temi della comunicazione e del marketing al centro del 70° Congresso degli enologi.
Il vino del futuro Made in Italy per essere sostenibile dovrà contenere alcune caratteristiche fondamentali: qualità innanzitutto, ma anche liberarsi da quell’incantesimo ideologico che esalta solo il passato senza lasciare spazio all’innovazione e alla scienza. Così sarà raggiunta una sostenibilità non integralista, ma che darà spazio anche alla redditività economica delle aziende.
I temi della comunicazione e del marketing al centro del 70° Congresso degli enologi.
Il vino del futuro Made in Italy per essere sostenibile dovrà contenere alcune caratteristiche fondamentali: qualità innanzitutto, ma anche liberarsi da quell’incantesimo ideologico che esalta solo il passato senza lasciare spazio all’innovazione e alla scienza. Così sarà raggiunta una sostenibilità non integralista, ma che darà spazio anche alla redditività economica delle aziende.
Nella bottiglia del vino “sostenibile” sarà anche necessario collocare altri parametri, a cominciare dal marketing, materia inusuale anche per coloro, come gli enologi, che da anni hanno fatto affidamento sulle loro indiscutibili doti professionali. Il messaggio arriva dal 70° Congresso degli enologi italiani. Il titolo, “Conoscere per capire, sapere per produrre e per vendere” è stato focalizzato tutto sulla capacità di generare un prodotto di alta qualità e di comunicarlo, in una fase di recessione dei consumi pro capite, per fortuna controbilanciata dall’export che continua a tirare.
Se la capacità di comunicare sarà la carta vincente dei prossimi anni, l’enologo - come ha ricordato il presidente Cotarella - sarà l’elemento chiave del processo di acculturamento dei consumatori. E Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, da Expo ha inviato un video-messaggio ricordando che “il grande lavoro degli enologi italiani in questi anni ci ha consentito di essere leader mondiali nel vino, un comparto che oggi arriva a superare i 5,1 miliardi di euro di export, ma che ha ancora molti margini di crescita. Proprio per questo abbiamo voluto dedicare al vino un padiglione”.
A tracciare il percorso del vino del futuro, tutto giocato tra saper produrre e comunicare, gli enologi hanno chiamato esponenti del mondo della gastronomia e della scienza. Al centro “La dieta mediterranea e i suoi vini”, un talk show coordinato da Bruno Vespa che ha stimolato cinque chef stellati a raccontare con la loro esperienza la capacità di trasferire al consumatore storia, qualità, conoscenza, territorio, tutto ciò che occorre per promuovere il prodotto. Si sono alternati Heinz Beck, tre stelle de “La Pergola” Rome Cavalieri; Niko Romito (tre stelle del “Reale” a Castel di Sangro (L’Aquila); Oliver Glowig (due stelle dell’Aldrovandi Villa Borghese (Roma); Livia Iaccarino, due stelle di Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli); Antonella Ricci, una stella, del “Fornello da Ricci” a Celle Messapica (Brindisi).
Vino e salute. A dibattere su questo annoso tema sono stati chiamati cinque esperti del settore medico: i cardiologi Antonio Colombo e Vincenzo Montemurro, Antonio Maria Jannello presidente dei primari ospedalieri di chirurgia vascolare, il gastroenterologo Enzo Grossi, il dietologo Giorgio Calabrese. Tutti d’accordo, se pur con sfumature e esperienze professionali diverse: la modica quantità fa bene. Anzi, come sostiene Montemurro, un paio di bicchieri al giorno rappresenta la dose “cardiovasculoprotettiva”. Per Calabrese il vino fa bene, ma va sempre associato al cibo, mai a digiuno.
Moderati dal “Gastronauta” Davide Paolini, enologi e agronomi si sono confrontati sul tema della sostenibilità a 360 gradi. Attilio Scienza, docente di viticoltura, ha ammonito: “Viviamo di paure e ci rifugiamo nel passato, non siamo capaci di uscire dalla nostra storia, invece dobbiamo pensare avanti e affidarci alla genetica. Il nostro futuro è trovare varietà tolleranti, resistenti alle malattie”. Renzo Cotarella, amministratore delegato delle Marchesi Antinori: “La sostenibilità non può avere una visione solo integralista”. Ruggero Mazzilli: “Il vero problema sarà difendere la territorialità, il vino è l’ultimo baluardo difensore del territorio”. L’enologo Marco Pallanti: “La sostenibilità senza conoscenza non può esistere”.
Se la capacità di comunicare sarà la carta vincente dei prossimi anni, l’enologo - come ha ricordato il presidente Cotarella - sarà l’elemento chiave del processo di acculturamento dei consumatori. E Maurizio Martina, ministro delle Politiche Agricole, da Expo ha inviato un video-messaggio ricordando che “il grande lavoro degli enologi italiani in questi anni ci ha consentito di essere leader mondiali nel vino, un comparto che oggi arriva a superare i 5,1 miliardi di euro di export, ma che ha ancora molti margini di crescita. Proprio per questo abbiamo voluto dedicare al vino un padiglione”.
A tracciare il percorso del vino del futuro, tutto giocato tra saper produrre e comunicare, gli enologi hanno chiamato esponenti del mondo della gastronomia e della scienza. Al centro “La dieta mediterranea e i suoi vini”, un talk show coordinato da Bruno Vespa che ha stimolato cinque chef stellati a raccontare con la loro esperienza la capacità di trasferire al consumatore storia, qualità, conoscenza, territorio, tutto ciò che occorre per promuovere il prodotto. Si sono alternati Heinz Beck, tre stelle de “La Pergola” Rome Cavalieri; Niko Romito (tre stelle del “Reale” a Castel di Sangro (L’Aquila); Oliver Glowig (due stelle dell’Aldrovandi Villa Borghese (Roma); Livia Iaccarino, due stelle di Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli); Antonella Ricci, una stella, del “Fornello da Ricci” a Celle Messapica (Brindisi).
Vino e salute. A dibattere su questo annoso tema sono stati chiamati cinque esperti del settore medico: i cardiologi Antonio Colombo e Vincenzo Montemurro, Antonio Maria Jannello presidente dei primari ospedalieri di chirurgia vascolare, il gastroenterologo Enzo Grossi, il dietologo Giorgio Calabrese. Tutti d’accordo, se pur con sfumature e esperienze professionali diverse: la modica quantità fa bene. Anzi, come sostiene Montemurro, un paio di bicchieri al giorno rappresenta la dose “cardiovasculoprotettiva”. Per Calabrese il vino fa bene, ma va sempre associato al cibo, mai a digiuno.
Moderati dal “Gastronauta” Davide Paolini, enologi e agronomi si sono confrontati sul tema della sostenibilità a 360 gradi. Attilio Scienza, docente di viticoltura, ha ammonito: “Viviamo di paure e ci rifugiamo nel passato, non siamo capaci di uscire dalla nostra storia, invece dobbiamo pensare avanti e affidarci alla genetica. Il nostro futuro è trovare varietà tolleranti, resistenti alle malattie”. Renzo Cotarella, amministratore delegato delle Marchesi Antinori: “La sostenibilità non può avere una visione solo integralista”. Ruggero Mazzilli: “Il vero problema sarà difendere la territorialità, il vino è l’ultimo baluardo difensore del territorio”. L’enologo Marco Pallanti: “La sostenibilità senza conoscenza non può esistere”.
Commenti
Posta un commento