La Cucina Italiana: Idee e storia della nostra gastronomia nel secolo scorso
La diffusione dei libri di ricette. L'"Unificazione Culinaria" e il binomio pasta e pomodoro di
Pellegrino Artusi
La cucina italiana si evolve con la storia dell’Italia. Dopo l’Unità d’Italia la cucina e la gastronomia italiane cambiano e si arricchiscono grazie al patrimonio delle varie cucine regionali che confluiscono in un “unicum” ricettario nazionale.
Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 inizia una vera e propria nuova epoca per la gastronomia, da un lato la sempre maggiore diffusione di pubblicazioni e libri di Ricette e libri che illustrano i nuovi “galatei” per ricevere gli ospiti a casa e come offrire loro un pranzo od un rinfresco, dall'altro la nascita di ristoranti che seguono nuove regole del “bon ton” frutto di una fusione di varie culture. Cucina, unità nazionale e politica quindi vanno di pari passo ad esempio Cavour scrisse: “Le arance sono sulla nostra tavola e stiamo per mangiarle. Per i maccheroni bisogna aspettare perché non sono ancora cotti”, nel luglio del 1860, alludendo alla Sicilia già occupata dai garibaldini che marciavano verso il continente.
La borghesia inventa piatti e crea menù a seconda delle stagioni, delle occasioni, con variegate soluzioni per la colazione, il pranzo, il dopoteatro. Nelle campagne e nelle città italiane dell’800 nascono anche le Osterie e le trattorie che fra l’altro codificano alcuni piatti nazionali, contribuendo in maniera significativa all’”Unificazione Culinaria”. Ecco alcune delle ricette risorgimentali più conosciute. Al passaggio del secolo diminuisce il numero delle portate servite ed i patti si sono ridotti e sono più monotematici, cioè le pietanze sono più “definite” secondo una logica in cui vince un solo ingrediente di riferimento, quindi poche pietanze precise ed in più il sempre più diffuso servizio “alla russa”: cioè con i commensali già seduti e serviti al tavolo dai camerieri (sparisce il servizio “a buffet” tipico delle epoche precedenti). Insomma la nuova tavola dell’Italia unita è una tavola a cui si partecipa, è un luogo di relazioni sociali. Nel primo decennio del ‘900 il Futurismo nato nell'Italia unificata ed attivo fino gli anni Trenta del Novecento, fu il primo movimento non solo italiano ma mondiale, che seppe condizionare non solo le arti (letteratura, architettura, cinema, teatro, musica) ma anche l’arte delle cucina, con una visione moderna e “dinamica”.
Torniamo per un momento all’Artusi che riuscì a imporre dal Piemonte alla Sicilia dei “piatti nazionali”. In particolare fu proprio Pellegrino Artusi a canonizzare il binomio pasta e salsa di pomodoro: prima di lui in nessun altro manuale di cucina si trova quello che sarebbe diventato uno dei piatti simbolo della cucina italiana.
La strada percorsa dalla “cucina italiana” fino ai giorni nostri la conosciamo ed è storia recente, il cui dato più saliente risulta da un’indagine fatta su scala nazionale da cui emerge che la cucina e i piatti della tradizione italiana sono l’aspetto più rappresentativo dell’identità nazionale per il 46% degli italiani.
La diffusione dei libri di ricette. L'"Unificazione Culinaria" e il binomio pasta e pomodoro di
Pellegrino Artusi
La cucina italiana si evolve con la storia dell’Italia. Dopo l’Unità d’Italia la cucina e la gastronomia italiane cambiano e si arricchiscono grazie al patrimonio delle varie cucine regionali che confluiscono in un “unicum” ricettario nazionale.
Tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 inizia una vera e propria nuova epoca per la gastronomia, da un lato la sempre maggiore diffusione di pubblicazioni e libri di Ricette e libri che illustrano i nuovi “galatei” per ricevere gli ospiti a casa e come offrire loro un pranzo od un rinfresco, dall'altro la nascita di ristoranti che seguono nuove regole del “bon ton” frutto di una fusione di varie culture. Cucina, unità nazionale e politica quindi vanno di pari passo ad esempio Cavour scrisse: “Le arance sono sulla nostra tavola e stiamo per mangiarle. Per i maccheroni bisogna aspettare perché non sono ancora cotti”, nel luglio del 1860, alludendo alla Sicilia già occupata dai garibaldini che marciavano verso il continente.
La borghesia inventa piatti e crea menù a seconda delle stagioni, delle occasioni, con variegate soluzioni per la colazione, il pranzo, il dopoteatro. Nelle campagne e nelle città italiane dell’800 nascono anche le Osterie e le trattorie che fra l’altro codificano alcuni piatti nazionali, contribuendo in maniera significativa all’”Unificazione Culinaria”. Ecco alcune delle ricette risorgimentali più conosciute. Al passaggio del secolo diminuisce il numero delle portate servite ed i patti si sono ridotti e sono più monotematici, cioè le pietanze sono più “definite” secondo una logica in cui vince un solo ingrediente di riferimento, quindi poche pietanze precise ed in più il sempre più diffuso servizio “alla russa”: cioè con i commensali già seduti e serviti al tavolo dai camerieri (sparisce il servizio “a buffet” tipico delle epoche precedenti). Insomma la nuova tavola dell’Italia unita è una tavola a cui si partecipa, è un luogo di relazioni sociali. Nel primo decennio del ‘900 il Futurismo nato nell'Italia unificata ed attivo fino gli anni Trenta del Novecento, fu il primo movimento non solo italiano ma mondiale, che seppe condizionare non solo le arti (letteratura, architettura, cinema, teatro, musica) ma anche l’arte delle cucina, con una visione moderna e “dinamica”.
Torniamo per un momento all’Artusi che riuscì a imporre dal Piemonte alla Sicilia dei “piatti nazionali”. In particolare fu proprio Pellegrino Artusi a canonizzare il binomio pasta e salsa di pomodoro: prima di lui in nessun altro manuale di cucina si trova quello che sarebbe diventato uno dei piatti simbolo della cucina italiana.
La strada percorsa dalla “cucina italiana” fino ai giorni nostri la conosciamo ed è storia recente, il cui dato più saliente risulta da un’indagine fatta su scala nazionale da cui emerge che la cucina e i piatti della tradizione italiana sono l’aspetto più rappresentativo dell’identità nazionale per il 46% degli italiani.
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