Il grande bianco piemontese, vino simbolo di questo territorio, festeggia l’importante anniversario
Era il 26 giugno 1974 quando il Gavi ottenne la denominazione di origine controllata, a sancire l’identità e la qualità di questo lembo di terra, parte della provincia di Alessandria compresa tra Liguria e Lombardia
40 anni in cui il Consorzio Tutela del Gavi, organo di vigilanza e valorizzazione della Denominazione (fondato nel 1993) e i produttori hanno percorso insieme la via della eccellenza, in vigna e nel bicchiere, ottenendo la DOCG nel 1998 e rinnovando una tradizione colturale e culturale millenaria che guarda ottimisticamente al futuro.
Quest’anniversario conferma, infatti, la maturità di una viticoltura moderna, che qui ha radici lontane, all’anno 972, come testimonia un documento dell’epoca oggi conservato nell’Archivio di Genova che fa cenno all’affitto di vigne e castagneti a due cittadini di Gavi da parte del Arcivescovo di Genova. Oggi i 1500 ettari compresi all’interno della Denominazione del Gavi si estendono negli 11 Comuni di Bosio, Carrosio, Capriata d'Orba, Francavilla Bisio, Gavi, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo e costituiscono una realtà sana, economicamente attiva che investe in qualità e ricerca.
Negli ultimi 10 anni si è assistito ad un’importante crescita del territorio: + 37% di superficie vitata, da 1076 a 1480 ettari; + 47% di bottiglie prodotte, da 8 a 12 milioni; + del 70% della produzione destinato all’export; oltre 200 tra produttori, vinificatori e imbottigliatori, soci del Consorzio; 50 mln di fatturato delle aziende produttrici e 5000 persone impiegate nella filiera.
Il Gavi trae origine dalle sole uve Cortese. Di questo vitigno autoctono piemontese, benché di origini molto antiche, si hanno notizie risalenti soltanto a pochi secoli fa. Infatti, la prima descrizione abbastanza dettagliata dell'uva Cortese si trova nella ampelografia dei vitigni coltivati in territorio piemontese compiuta dal Conte Nuvolone, vicedirettore della Società Agraria di Torino, pubblicata nel 1798, dove l'uva Cortese viene così descritta: "ha grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, quando è matura diviene gialla ed è buona da mangiare, fa buon vino, è abbondante e si conserva". Sin dalla fine dell'Ottocento, veniva indicata la produzione in varie zone del Piemonte. con i vigneti coltivati sulle colline attorno alla città fortificata di Gavi.
Dopo un periodo d'oblio causato dalla fillossera, il Cortese fu riscoperto e proposto da Mario Soldati agli inizi dei anni cinquanta. Ma è intorno a Gavi che il vitigno ha ritrovato la sua identità con produzioni molto importanti. È conosciuto anche con i sinonimi dialettali di Corteis, Courteis e Courteisa. Da ricordare che quella del Gavi è stata la seconda denominazione DOCG in Italia.
Il disciplinare delimita la zona di produzione a circa 1.450 ettari compresi in 11 comuni: singolare l’analogia numerica con i paesi del Barolo, il grande rosso piemontese di cui il Gavi è considerato l’omologo tra i bianchi. La zona di produzione del Gavi è definita dal disciplinare ed è stata oggetto nel 2002 della prima revisione dell’albo dei vigneti effettuata in Italia. In queste vigne vengono coltivate solo viti di Cortese, per la produzione di Gavi in purezza.
Il luogo comune secondo cui il Gavi sarebbe un vino da bere esclusivamente giovane è ormai smentito dai fatti: degustazioni di Gavi di cinque, dieci e più anni dimostrano che risulta perfettamente conservato e organoletticamente impreziosito dal lungo affinamento. Ciò nonostante esiste una lunga schiera di Gavi che fanno della freschezza il loro punto di forza, non disgiunta peraltro da buona struttura ed equilibrio. Il vitigno Cortese si trova infatti a suo agio in tipologie diverse tra loro: fermo o spumante, giovane o maturo, affinato in legno o in acciaio.
Nascendo nel punto del Piemonte più vicino, in linea d’aria, con la Liguria, il Gavi gode del vento chiamato appunto "marino" che ha una certa influenza sul microclima dell’area e sulle caratteristiche del vino a cui dona note agrumate e il tipico sentore di mandorla amara, che nel tempo lascia spazio ai toni minerali.
Dopo un periodo d'oblio causato dalla fillossera, il Cortese fu riscoperto e proposto da Mario Soldati agli inizi dei anni cinquanta. Ma è intorno a Gavi che il vitigno ha ritrovato la sua identità con produzioni molto importanti. È conosciuto anche con i sinonimi dialettali di Corteis, Courteis e Courteisa. Da ricordare che quella del Gavi è stata la seconda denominazione DOCG in Italia.
Il disciplinare delimita la zona di produzione a circa 1.450 ettari compresi in 11 comuni: singolare l’analogia numerica con i paesi del Barolo, il grande rosso piemontese di cui il Gavi è considerato l’omologo tra i bianchi. La zona di produzione del Gavi è definita dal disciplinare ed è stata oggetto nel 2002 della prima revisione dell’albo dei vigneti effettuata in Italia. In queste vigne vengono coltivate solo viti di Cortese, per la produzione di Gavi in purezza.
Il luogo comune secondo cui il Gavi sarebbe un vino da bere esclusivamente giovane è ormai smentito dai fatti: degustazioni di Gavi di cinque, dieci e più anni dimostrano che risulta perfettamente conservato e organoletticamente impreziosito dal lungo affinamento. Ciò nonostante esiste una lunga schiera di Gavi che fanno della freschezza il loro punto di forza, non disgiunta peraltro da buona struttura ed equilibrio. Il vitigno Cortese si trova infatti a suo agio in tipologie diverse tra loro: fermo o spumante, giovane o maturo, affinato in legno o in acciaio.
Nascendo nel punto del Piemonte più vicino, in linea d’aria, con la Liguria, il Gavi gode del vento chiamato appunto "marino" che ha una certa influenza sul microclima dell’area e sulle caratteristiche del vino a cui dona note agrumate e il tipico sentore di mandorla amara, che nel tempo lascia spazio ai toni minerali.
Numeri positivi che dimostrano l’affermazione del Grande Bianco Piemontese a livello nazionale e internazionale. Un traguardo raggiunto grazie alla maggiore esperienza acquisita dai produttori, che hanno puntato alla produzione di un vino capace di esprimere nel bicchiere la tipicità delle proprie vigne e da una maggiore conoscenza che viene dallo studio approfondito delle vocazioni del territorio.
Non ultima, la maggiore consapevolezza ambientale che dimostra un'attenzione crescente verso una viticoltura non invasiva, rispettosa di una biodiversità unica che è prima di tutto una ricchezza insostituibile per il territorio.
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