“Omne vivum ex ovo”, cioè “tutti i
viventi nascono da un uovo”, è il motto che per secoli ha spiegato il
principio che la vita non può avere origine dal nulla. Da esso capiamo
quale importanza abbia sempre avuto l’uovo, con la sua forma perfetta,
nel nostro immaginario
Salvator Dalì, L’aurora, 1948
“Nell’uovo
di Pasqua che mai ci sarà? C’è forse nascosta la felicità? Apritelo
piano se no, la per là, la dolce sorpresa scappare potrà”
Un vecchio proverbio dice: ”’non c’è Pasqua senza uova”, simbolo della vita che si rinnova e della primavera, e proprio le uova non potranno di certo mancare nei piatti pasquali di tutta Italia consumate sode o come ingrediente base di mille ricette rustiche o dolci. Sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o consumate nei dolci casalinghi o in ricette tradizionali.
In tutto il mondo, l’uovo è il simbolo della Pasqua. Dipinto o intagliato, di cioccolato o di zucchero, di terracotta o di cartapesta, l’uovo è parte integrante della ricorrenza pasquale e nessuno vi rinuncerebbe. Ma quanti di noi conoscono il significato autentico di questo simbolo?
Se quelle di cioccolato o di cartapesta hanno un’origine recente, le uova vere colorate e decorate hanno una storia antichissima, che affonda le sue radici nella tradizione pagana. Simbolo della vita che nasce, l’uovo cosmico è all’origine del mondo: al suo interno avrebbe contenuto il germe degli esseri. Presso i greci, i cinesi e i persiani, l’uovo era anche il dono che veniva scambiato in occasione delle feste primaverili, quale simbolo della fertilità e dell’eterno ritorno della vita. Gli antichi romani usavano seppellire un uovo dipinto di rosso nei loro campi, per propiziarsi un buon raccolto.
Con l’avvento del Cristianesimo, molti riti pagani vengono recepiti dalla nuova religione. La stessa festività pasquale, d’altro canto, risente di lontani influssi: cade, infatti, tra il 25 marzo e il 25 aprile, ovvero nella prima domenica successiva al plenilunio che segue l’equinozio di primavera. La Pasqua, insomma, si festeggia proprio nel giorno in cui si compie il passaggio dalla stagione del riposo dei campi a quella della nuova semina e quindi della nuova vita per la natura.
Anche in occasione della Pasqua cristiana, dunque, è presente l’uovo, quale dono augurale, che ancora una volta è simbolo di rinascita, ma questa volta non della natura bensì dell’uomo stesso, della resurrezione di Cristo: il guscio è la tomba dalla quale Cristo uscì vivo.
La Pasqua è ovviamente anche, oltre per la sua valenza religiosa e spirituale, un appuntamento irrinunciabile con i sapori unici della cucina tradizionale che vediamo tramandati ogni anno di generazione in generazione, un altro momento di grande convivialità che ognuno di noi potrà scegliere di passare in casa o in vacanza, nei ristoranti, negli agriturismi o magari seduti per un picnic in spiaggia o sul prato, insomma, l’importante è sedersi a mangiare e a rilassarsi gustando i tanti menù ricchi di specialità della cucina tipica di territorio che sempre più spesso nasconde piccoli grandi segreti che la rendono inimitabile.
I protagonisti della Santa Pasqua saranno dunque tutti i piatti tipici regionali che da nord a sud attraverseranno l’intero Paese: partendo da gnocchi filanti e dal capretto langarolo in Piemonte, alla minestra di brodo di gallina e uovo sodo e alle pappardelle al ragù di coniglio in Toscana. Nelle Marche invece si gusterà la Crescia di Pasqua insieme alle uova sode, in Molise non potrà mancare l’insalata buona Pasqua con fagiolini, uova sode e pomodori. E in Abruzzo la protagonista sarà la capra alla neretese. In Puglia il principe della tavola pasquale sarà il Cutturiddu, agnello cotto nel brodo con le erbe tipiche delle Murge; in Veneto onnipresenti su tutte le tavole della festa pasquale saranno le tipiche vovi e sparasi, uova sode, decorate con erbe di campo e in Trentino le polpettine pasquali con macinato di agnello non potranno certo essere dimenticate.
Come dolce, impossibile rinunciare in Campania alla squisita Pastiera napoletana, vera regina dei dolci pasquali che rappresenta un vero e proprio rito con tempi e modalità ben definiti, dalla preparazione, rigorosamente effettuata il giorno del giovedì santo, alla cottura; ma anche la ciaramicola umbra, ciambella di color rosa dovuto al liquore, e confettini colorati. Irrinunciabile per i lucani invece sarà la Scarcedda, tipico dolce ripieno di uova sode che rappresentano la fortuna ma anche la torta pasquale con mandorle e zucchero a velo in Sicilia e le titole, piccole treccine dolci che avvolgono un uovo in Trentino.
Un altro ”must” di queste festività pasquali è la carne di agnello che viene servita in gran parte delle tavole italiane, nelle classiche ricette al forno, arrosto con le patate, al sugo o brodettato e che rappresentano anche l’occasione per recuperare i piatti storici della transumanza (in Abruzzo agnello cacio e ova, il molisano agnello sotto il coppo.
Il Lazio, ed in particolare Roma, è rinomata per la sua ricca colazione che prevede un felice connubio di sapori dolci e salati, come la corallina, salame tipico, accompagnata dalla pizza al formaggio, le uova sode e quelle al cioccolato, ma soprattutto l’immancabile coratella di abbacchio con i carciofi romaneschi.
Lo possiamo considerare anche come un gustoso secondo piatto, uno straordinario antipasto o, come l’antica tradizione vuole, parte integrante della colazione di Pasqua.
Ed ecco a voi la ricetta:
Ingredienti per 4 persone:
1 coratella d’abbacchio4 carciofi
1/2 cipolla tritata finemente
1 limone o in alternativa, 1/2 bicchiere di vino bianco
olio extravergine d’oliva
sale e pepe
rosmarino
Il segreto sta nel cuocere uno per volta gli elementi della coratella, secondo il loro grado di durezza.
Tagliare a pezzetti piccoli la coratella, avendo cura di separare i componenti: polmone, cuore e fegato. Tagliare i carciofi a fettine sottili. Scaldare l’olio in una padella capiente, aggiungere la cipolla e iniziare la cottura con il polmone. Lasciare cuocere per alcuni minuti a fuoco moderato. Nel frattempo, in un’altra padella con l’olio, cuocere i carciofi a fuoco vivace. Nella padella grande, aggiungere il cuore e alzare il fuoco mescolando delicatamente, con un cucchiaio di legno. Portare a cottura i carciofi, quindi travasarli nella padella grande. Aggiungere il fegato, alzare il fuoco e mescolare lasciando insaporire il tutto. Aggiungere il rosmarino, salare e pepare, quindi bagnare con il succo di limone (o con il vino bianco). Un minuto ancora per sfumare, quindi servire immediatamente. La coratella va mangiata assolutamente calda. Ogni minuto che passa, pregiudica il gusto di questo straordinario piatto.
Abbinamento ideale per questo piatto mi richiama alla mente un vino indissolubilmente legato al nostro territorio: il Frascati Superiore.
Quello della storica azienda Fontana Candida è un frascati che vuole recuperare la più nobile tradizione viticola ed enologica del comprensorio di Frascati attraverso la selezione di vigneti con una età media di 50 anni e che ancora producono le migliori uve tipiche: oltre alla Malvasia di Candia e del Lazio, il Greco ed il Bombino. Dopo la vinificazione, che viene condotta con tecniche originali, segue un periodo di affinamento di 12 mesi di cui almeno 4 in bottiglia, nelle antiche grotte di tufo della cantina con umidità e temperature costanti.
Nasce così il Luna Mater un vino dai tipici ed ampi profumi varietali, intensi e complessi, dal sapore pieno e sapido, con un elegante fondo fruttato molto persistente.
Un nome che evoca genesi e procreazione, interpretando simbolicamente la nascita di questa cantina e l’ispirazione a tecniche, uve e vitigni che fanno parte della tradizione del Frascati.
Vi è inoltre il richiamo alla luna, misteriosa ed enigmatica, da sempre legata alle pratiche agricole così come alle fasi d’imbottigliamento del vino.
La bella etichetta richiama l’opera originale studiata per i cinquanta anni di Fontana Candida dall’artista romano Domenico Bianchi.
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